In Italia si parla spesso di lavoro nero, ma è altrettanto diffuso il cosiddetto “lavoro grigio”, che comprende quei rapporti di lavoro che sono formalmente regolari, poiché viene firmato un contratto di lavoro e corrisposta una busta paga, ma che presentano alcuni elementi di irregolarità. Tra i casi tipici vi sono quelli in cui l’orario di lavoro effettivo è maggiore rispetto a quello dichiarato nel contratto e una parte della retribuzione è pagata “in nero”, fuori dalla busta paga; espedienti, insomma, per non rispettare le leggi e non offrire al lavoratore le tutele a cui ha diritto.
Un tentativo di contrasto a tale fenomeno si è avuto dal 1° luglio 2018, con l’introduzione dell’obbligo di pagare retribuzioni e compensi in modalità tracciabile: è proprio su questo che intende soffermarsi il presente articolo.
Con la L. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) è stato introdotto il divieto di pagamento delle retribuzioni in contanti. Nello specifico, l’art. 1, commi 910-914, ha stabilito che a decorrere dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro debbano ricorrere a uno dei seguenti mezzi di pagamento tracciabili:
Il divieto di pagamento in contanti si applica a tutti i datori di lavoro o committenti del settore privato, qualunque sia la tipologia di rapporto lavorativo; non si applica, invece:
Quanto al regime sanzionatorio, per chi non effettua pagamenti tracciabili della retribuzione la L. 205/2017 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria dai 1.000 ai 5.000 euro.
In merito, la Nota 4538/2018 dell’INL chiarisce due punti importanti: