Il pagamento della retribuzione in contanti diventa illegale
- Autore: antonelli patrizia
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- 27 ago, 2019
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In Italia si parla spesso di lavoro nero, ma è altrettanto diffuso il cosiddetto “lavoro grigio”, che comprende quei rapporti di lavoro che sono formalmente regolari, poiché viene firmato un contratto di lavoro e corrisposta una busta paga, ma che presentano alcuni elementi di irregolarità. Tra i casi tipici vi sono quelli in cui l’orario di lavoro effettivo è maggiore rispetto a quello dichiarato nel contratto e una parte della retribuzione è pagata “in nero”, fuori dalla busta paga; espedienti, insomma, per non rispettare le leggi e non offrire al lavoratore le tutele a cui ha diritto.
Un tentativo di contrasto a tale fenomeno si è avuto dal 1° luglio 2018, con l’introduzione dell’obbligo di pagare retribuzioni e compensi in modalità tracciabile: è proprio su questo che intende soffermarsi il presente articolo.
Le nuove modalità di pagamento della retribuzione
Con la L. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) è stato introdotto il divieto di pagamento delle retribuzioni in contanti. Nello specifico, l’art. 1, commi 910-914, ha stabilito che a decorrere dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro debbano ricorrere a uno dei seguenti mezzi di pagamento tracciabili:
- bonifico su conto corrente bancario con codice IBAN indicato dal lavoratore;
- strumenti di pagamento elettronico, con Nota 5828/2018, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fatto rientrare in tali strumenti anche le carte di credito prepagate;
- pagamento in contanti in banca o alla posta, se il datore di lavoro ha aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- assegno bancario o circolare consegnato direttamente al lavoratore e, solo in caso di suo comprovato impedimento, al coniuge, convivente o altro delegato.
Eccezioni e sanzioni
Il divieto di pagamento in contanti si applica a tutti i datori di lavoro o committenti del settore privato, qualunque sia la tipologia di rapporto lavorativo; non si applica, invece:
- ai rapporti di lavoro instaurati con le Pubbliche Amministrazioni;
- ai rapporti di lavoro domestico;
- ai compensi derivanti da tirocini, borse di studio o rapporti di lavoro autonomi di natura occasionale.
Quanto al regime sanzionatorio, per chi non effettua pagamenti tracciabili della retribuzione la L. 205/2017 prevede una sanzione amministrativa pecuniaria dai 1.000 ai 5.000 euro.
In merito, la Nota 4538/2018 dell’INL chiarisce due punti importanti:
- la violazione della tracciabilità della busta paga non è diffidabile poiché l’illecito non è materialmente sanabile. Pertanto, la sanzione è determinata nella misura ridotta di un terzo con codice tributo 741T, pari a 1.667 euro, e si applica non in relazione al numero di lavoratori, bensì al numero di mesi violati;
- la violazione si compie non solo quando non vengono usati mezzi di pagamento tracciabili, ma anche quando tali mezzi sono usati in maniera elusiva, per esempio pagando a mezzo bonifico e poi revocandolo.